Algoritmo Mo.Va.Ris.Ch

MODELLO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA AGENTI CHIMICI PERICOLOSI PER LA SALUTE AD USO DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE (TITOLO IX Capo I - D.Lgs.81/08)

In  alternativa  alla  misurazione  dell’agente  chimico  è  possibile,  e  largamente praticato, l’uso di sistemi di valutazione del rischio basati su relazioni matematiche (o su modelli grafici) denominati algoritmi (letteralmente: procedure di calcolo).
 
Gli algoritmi (o i modelli) sono procedure che assegnano un valore numerico ad una serie  di  fattori  o  parametri  che  intervengono  nella  determinazione  del  rischio pesando, per ognuno di essi in modo diverso, l’importanza assoluta e reciproca sul risultato valutativo finale.
 
Ovviamente un algoritmo (o un modello) risulta tanto più efficiente quanto più i fattori individuati e il loro “peso” sono pertinenti alla tipologia di rischio trattato.
 
I fattori individuati vengono quindi inseriti in una relazione matematica semplice (o in un modello grafico) la quale fornisce un indice numerico che assegna, non tanto un valore assoluto del rischio, quanto permette di inserire il valore trovato in una "scala numerica del rischio" individuando, per la situazione analizzata una graduazione dell’importanza del valore dell’indice calcolato.
 
Assume quindi importanza nella costruzione di un algoritmo:
 
   l’individuazione puntuale dei parametri che determinano il rischio;
 
   l’individuazione del “peso” dei fattori di compensazione nei confronti del rischio;
   l’individuazione della relazione numerica che lega i parametri fra di loro (fattori additivi, moltiplicativi, esponenziali, … );
   l’individuazione della  scala  dei  valori  dell’indice  in  relazione  al  rischio  (per esempio: molto basso, basso, medio, medio-alto, alto …. ).
 
 
Il  modello proposto è  una modalità di  analisi che consente di  effettuare la valutazione del rischio secondo quanto previsto dall’articolo 223 comma 1. del D.Lgs. 81/08 (Titolo IX Capo I “Protezione da agenti chimici”): nel modello è infatti prevista l’identificazione e il peso da assegnare ai parametri indicati dall’articolo di legge e dai quali non è possibile prescindere.
 
Il modello individua un percorso semplice, il più semplice possibile, per effettuare la valutazione del rischio da parte delle piccole imprese Artigiane, Industriali, del Commercio e dei Servizi senza dover accedere, almeno in questa fase, a valutazioni con misurazione dell’agente chimico.
 
Infine, il modello va inteso come un percorso di “facilitazione” atto a consentire, alle piccole e medie imprese, la classificazione al di sopra o al di sotto della soglia del rischio IRRILEVANTE PER SALUTE.
 
Occorre  ribadire  che  le  misure  di  prevenzione  e  protezione  di  carattere generale, quali quelle previste dall’Allegato IV D.Lgs.81/08 Punti 2. (Presenza nei luoghi di lavoro di agenti nocivi), 3. (Vasche, Canalizzazioni, Tubazioni, Serbatoi, Recipienti, Silos)    e  4.  (Misure  contro  l’incendio e  l’esplosione) e dall’articolo 224 comma 1. del D.Lgs.81/08, devono essere adottate prima di eseguire la valutazione del rischio.

Il modello per la valutazione del rischio derivante da esposizione ad agenti chimici pericolosi


Il rischio R per le valutazioni del rischio derivanti dall’esposizione ad agenti chimici pericolosi è il prodotto del pericolo P per l’esposizione E (Hazard x Exposure).
R = P x E
 
Il pericolo P rappresenta l’indice di pericolosità intrinseca di una sostanza o di una miscela che nell’applicazione di questo modello viene identificato con le frasi o indicazioni di pericolo H che sono utilizzate nella classificazione secondo i criteri dell’Allegato I del Regolamento (CE) 1272/2008 e successive modificazioni (Regolamento CLP).
 
Ad ogni Hazard Statement (Frase o Codice di pericolo H) è stato assegnato un punteggio (score) tenendo conto del significato delle disposizioni relative alla classificazione e all’etichettatura delle sostanze e delle miscele pericolose di cui all’Allegato I del Regolamento (CE) 1272/2008 e successive modificazioni.
 
Il pericolo P rappresenta quindi la potenziale pericolosità di una sostanza indipendentemente dai livelli a cui le persone sono esposte (pericolosità intrinseca).
 
L’esposizione E rappresenta il livello di esposizione dei soggetti nella specifica attività lavorativa.
 
Il rischio R, determinato secondo questo modello, tiene conto dei parametri di cui all’articolo 223 comma 1 del D.Lgs. 81/08:
 
Per il pericolo P sono tenuti in considerazione le proprietà pericolose e l’assegnazione di un valore limite professionale, mediante il punteggio assegnato;
 
Per l’esposizione E si sono presi in considerazione: tipo, durata dell’esposizione, le modalità con cui avviene l’esposizione, le quantità in uso, gli effetti delle misure preventive e protettive adottate.
 
Il rischio R, in questo modello, può essere calcolato separatamente per esposizioni inalatorie e per esposizioni cutanee:
 
Rinal = P x Einal
 
Rcute = P x Ecute

 
Nel caso in cui per un agente chimico pericoloso siano previste contemporaneamente entrambe le vie di assorbimento il rischio R cumulativo (Rcum) è ottenuto tramite il seguente calcolo:
 
Rcum =      Rinal2 + Rcut 2
 
Gli intervalli di variazione di R sono:
0,1 < Rinal < 100
 
1 < Rcute < 100
 
1 < Rcum < 141


Identificazione dell’indice di pericolosità

Aspetti generali

Il recepimento  del Titolo IX Capo I D.Lgs.81/08 ha confermato che in presenza di rischio chimico per la salute le misure generali di tutela di cui all’art.15 D.Lgs.81/08 e di cui all’Allegato IV D.Lgs.81/08 Punti 2. (Presenza nei luoghi di lavoro di agenti nocivi), 3. (Vasche, Canalizzazioni, Tubazioni, Serbatoi, Recipienti, Silos) e 4. (Misure contro l’incendio e l’esplosione) debbano in ogni caso sempre essere rigorosamente osservate, ovviamente assieme alle misure successivamente individuate in maniera mirata dall’articolo 224 comma 1 del D.Lgs. 81/08, e cioè:

a) la progettazione e l’organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;
b) la fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e le relative procedure di manutenzione adeguate;
c) la riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;
d) la riduzione al minimo della durata e dell'intensità dell'esposizione;

e) le misure igieniche adeguate;
f) la riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.


Da questa considerazione di carattere tecnico-giuridico ne consegue che il Titolo IX Capo I D.Lgs.81/08 non può in alcun modo provocare un’attenuazione delle misure generali di tutela dei lavoratori durante il lavoro, né prescindere dall’applicazione della Normativa previgente e pertanto le misure di prevenzione e protezione di carattere generale richiamate sopra devono essere applicate ancor prima di valutare il rischio da agenti chimici.

In altre parole qualsiasi modello/algoritmo applicato per la valutazione approfondita del rischio chimico non può prescindere dall’attuazione preliminare e prioritaria dei principi e delle misure generali di tutela dei lavoratori.
Risulta inoltre utile ribadire che nel caso del rischio da agenti chimici, la tutela della salute dei lavoratori dall’esposizione ad agenti chimici è sempre più legata alla ricerca ed allo sviluppo di prodotti meno pericolosi per prevenire, ridurre ed eliminare, per quanto possibile, il pericolo in via prioritaria alla fonte.

La politica comunitaria in materia è tesa ad agevolare questo fondamentale processo per la salvaguardia della salute umana ed in tale contesto va inserito il Titolo IX Capo I D.Lgs.81/08, laddove prescrive al datore di lavoro di valutare il rischio chimico per la salute e la sicurezza dei lavoratori al momento della scelta delle sostanze e dei preparati da utilizzare nel processo produttivo, e di sostituire, se esiste un’alternativa, ciò che è pericoloso con ciò che non lo è o è meno pericoloso.

Non dimentichiamo che anche nell’uso degli agenti cancerogeni e/o mutageni, in cui ovviamente non si applica il concetto di RISCHIO IRRILEVANTE PER LA SALUTE ed in presenza di rischio da agenti chimici pericolosi per la salute dei lavoratori esposti al di sopra della soglia del RISCHIO IRRILEVANTE PER LA SALUTE, la possibile sostituzione è una misura di tutela cogente, la cui inosservanza (artt. 225 commi 1. e
235 D.Lgs.81/08) rappresenta un’inadempienza sanzionata precisamente con la ammenda (2500-6400 Euro) alternativa all’arresto (3-6 mesi) dall’art. 262 comma 2. lettera a) D.Lgs.81/08.
 
L’uso di modelli/algoritmi per la valutazione del rischio chimico risulta anche utile come   strumento che, a partire da   informazioni   ugualmente disponibili per tutti, consenta di operare delle scelte tra agenti chimici in possesso di diversa pericolosità che, aventi uguale funzione d’uso e destinati a scopi analoghi, sono utilizzabili in modo equivalente. Riuscire a discriminare tra agenti chimici con identica funzione d’uso, ma diversa pericolosità significa essere in grado di sostituire ciò che è pericoloso, con ciò che non lo è o lo è meno e quindi adempiere alla misura di tutela generale di cui all’art. 15 comma 1. lett. f) D.Lgs. 81/08.
 

Valutazione approfondita del rischio chimico con Modelli/Algoritmi

Confermato e ribadito che le misure di prevenzione e protezione di carattere generale sono prioritarie rispetto all’adozione di qualsiasi modello/algoritmo di valutazione dei rischi, per compiere in maniera approfondita tale processo di valutazione del rischio per la salute dei lavoratori senza effettuare misurazioni dell’agente o degli agenti chimici presenti nel processo produttivo è fondamentale effettuare il percorso che prevede di individuare la pericolosità intrinseca degli agenti chimici che vengono impiegati, in funzione delle modalità e delle quantità dell’agente chimico che viene impiegato e, di conseguenza consumato nel ciclo produttivo, e dei tempi d’esposizione di ogni singolo lavoratore.

In questo modo sarà possibile valutare il rischio chimico per ogni lavoratore in relazione alle sue specifiche mansioni, le quali devono essere individuate con precisione dal datore di lavoro e rese note allo stesso lavoratore.

La metodologia che viene proposta deve essere in grado di valutare il rischio chimico in relazione alla valutazione dei pericoli per la salute dei lavoratori e cioè sulla base della conoscenza delle proprietà tossicologiche intrinseche a breve, a medio e a lungo termine degli agenti chimici pericolosi impiegati o che si liberano nel luogo di lavoro in funzione dell’esposizione dei lavoratori, la quale a sua volta dipenderà dalle quantità dell’agente chimico impiegato o prodotto, dalle modalità d’impiego e dalla frequenza dell’esposizione.

Il metodo indicizzato che si intende proporre vuole essere uno strumento, il più semplice possibile, in cui le proprietà tossicologiche degli agenti chimici presenti nelle attività produttive vengono valutate e studiate al fine di attribuire ad ogni proprietà, singola o combinata, una graduazione del pericolo e di conseguenza un punteggio espresso in numeri da 1 a 10 (score) che rappresentano il pericolo P.

In altre parole l’indice di pericolo P ha l’obiettivo di sintetizzare in un numero i pericoli per la salute di un agente chimico.

Si precisa che fra le proprietà tossicologiche valutate non vi sono le proprietà cancerogene e/o mutagene, le quali vengono considerate esclusivamente nel Titolo IX Capo II D.Lgs.81/08; infatti, giuridicamente, per gli agenti cancerogeni e/o mutageni non è possibile individuare una soglia del rischio al di sotto della quale il rischio risulta IRRILEVANTE PER LA SALUTE.

Inoltre si ribadisce che, per gli agenti cancerogeni e/o mutageni, quando si parla di valutazione del rischio in realtà ci si riferisce sempre ad una valutazione dell’esposizione.

Modalità per la valutazione della pericolosità intrinseca per la salute di un agente chimico.Criteri per l’identificazione dell’indice P


Il metodo per l’individuazione di un indice di pericolo P si basa sul significato delle disposizioni relative alla classificazione delle sostanze e delle miscele pericolose di cui all’Allegato I del Regolamento (CE) 1272/2008 e successive modificazioni.
 
La classificazione dei pericoli per la salute, sia essa armonizzata che in auto- clasificazione,  tende ad identificare tutte le proprietà tossicologiche delle sostanze e delle miscele che possono presentare un pericolo all’atto della normale manipolazione o utilizzazione.
 
I pericoli intrinseci delle sostanze e delle miscele pericolose sono segnalati in indicazioni di pericolo tipo (Frasi o Codici di indicazione di pericolo H).
 
Queste frasi H sono riportate nell’etichettatura di pericolo e nella scheda dati di sicurezza, quest’ultima, compilata attualmente secondo i dettati del Regolamento (UE) n.453/2010 che ha recato modifiche all’Allegato II del Regolamento (CE) n.1907/2006 concernente le disposizioni sulle schede di dati di sicurezza.
 
Mediante l’assegnazione di un valore alla frase di pericolo (Frase H) attribuito alla proprietà più pericolosa e di conseguenza alla classificazione più pericolosa è possibile avere a disposizione un indice numerico (score) di pericolo per ogni agente chimico pericoloso impiegato.
 
La scelta dello score più elevato dell’agente chimico pericoloso impiegato moltiplicato per l’indice d’esposizione fornisce la possibilità di valutare il rischio chimico per ogni lavoratore esposto ad agenti chimici pericolosi in qualsiasi circostanza lavorativa.
E’ evidente che il risultato dell’applicazione risente dei limiti propri dei criteri di classificazione.
 
La determinazione dello score di pericolo è effettuata in maniera pesata in funzione della graduatoria di pericolosità assegnata alle singole classi di pericolo per la salute ed ai criteri per la scelta dei pittogrammi, delle avvertenze e della scelta delle frasi indicanti  i  pericoli  relativi  alle  proprietà  tossicologiche  degli  agenti  chimici pericolosi in relazione alle vie d’esposizioni  più rilevanti per il lavoratore sul luogo di lavoro (Via d’assorbimento per via inalatoria > Via d’assorbimento per via cutanea/mucose > Via d’assorbimento per via ingestiva).

Pertanto  il  modello  nel  suo  complesso  fa  riferimento  sia  alle  caratteristiche intrinseche di pericolosità degli agenti chimici che alle concrete situazioni d’uso, in quanto l’obiettivo del metodo è quello di valutare il rischio chimico per la salute.
 
La pericolosità intrinseca di un’agente chimico pericoloso è una sua caratteristica invariabile, indipendente dalle condizioni in cui viene utilizzata; le condizioni d’uso vengono infatti a determinare il rischio reale, esprimibile come il prodotto tra pericolosità intrinseca e grado di esposizione dei lavoratori.
 
Si ribadisce che il grado d’esposizione dipende da molti fattori quali la quantità dell’agente  chimico  impiegato  o  prodotto,  dalle  modalità  d’impiego  e  dalla frequenza dell’esposizione, cioè dal tipo di impianto di processo, dalle misure di prevenzione e protezione adottate, dalla mansione, ecc...
 
La pericolosità intrinseca degli agenti chimici si può esprimere solo in una scala di valori relativi e pertanto per valutare la pericolosità degli agenti chimici immessi sul mercato o presenti nel luogo di lavoro ci si deve dotare innanzitutto di un metro di misura.
 
L’ordinamento dei vari agenti chimici in funzione della loro pericolosità intrinseca, secondo una scala almeno semiquantitativa, è di evidente utilità pratica; una tale scala può essere creata attribuendo a certe proprietà delle sostanze degli opportuni coefficienti.
 
Nella  scelta  delle  proprietà  da  indicizzare  e  nella  ponderazione  dei  relativi coefficienti si introduce un inevitabile grado di arbitrarietà, ma applicando lo stesso sistema ai diversi agenti chimici, si ottiene una graduazione comparativa uniforme.
 
Il risultato numerico ottenuto applicando un metodo indicizzato può essere considerato solo per l’ordine di grandezza che esprime.
 
Inoltre è opportuno precisare che i metodi di questo tipo non si prestano per apprezzare modeste differenze di rischio e pertanto un certo grado d’incertezza è sempre accompagnato dall’uso di questi metodi di valutazione.
 
Nel presente caso tali incertezze vengono evidenziate maggiormente qualora si sia in prossimità della soglia che viene stabilita dall’estensore relativa al rischio chimico IRRILEVANTE PER SALUTE.
 
Un altro aspetto di estrema rilevanza per una corretta graduazione del pericolo è relativo al fatto che i criteri di classificazione ed etichettatura delle sostanze e delle miscele  pericolose  di  cui  all’Allegato  I  del  Regolamento  (CE)  1272/2008  e successive modificazioni, si basano sul principio che gli effetti a lungo termine (ad es.classe di pericolo del Tossico per la riproduzione), allergenici subacuti o cronici (ad es. categoria di pericolo dei Sensibilizzanti) siano più rigorosi ed importanti rispetto agli effetti acuti.
 
L’indice numerico che stabilisce la graduazione del pericolo deve tenere conto di questo principio di carattere generale.

Non si deve tuttavia dimenticare che questo principio di priorità tossicologica degli effetti a lungo termine rispetto a quelli acuti è stata in parte modificata sulla base dei principi  generali  per  la    classificazione  e  l’etichettatura  delle  sostanze  e  delle miscele  pericolose  di  cui  all’Allegato  I  del  Regolamento  (CE)  1272/2008  e successive modificazioni rispetto a quanto veniva descritto nelle Direttive 67/58/CEE e 1999/45/CE e s.m.i..
Infatti secondo il nuovo Regolamento CLP tutte le classi di pericolo (in parte corrispondenti alle categorie di pericolo della Direttiva 67/58/CEE) hanno un significato specifico e pertanto tutti gli effetti tossicologici hanno un loro rilievo specifico ed autonomo.
 
In ogni caso anche con questi cambiamenti relativi al principio classificatorio delle sostanze e delle miscele la graduazione del pericolo dovrà tenere conto anche del significato delle diverse classi di pericolo in relazione ai metodi utilizzati per la determinazione delle proprietà tossicologiche e dell’effettiva pericolosità per l’uomo (lavoratore) dell’agente chimico.
 
E’  per  questo  motivo  che  diversamente  rispetto  alla  vecchie  direttive  citate  le sostanze tossiche per gli effetti acuti di categoria 1 o 2 avranno estrema rilevanza per gli aspetti relativi ai rischi per la sicurezza, in quanto comportanti una possibile intossicazione (infortunio) rispetto  al  rischio  per  la  salute  (sviluppo di  allergie) proveniente dall’esposizione dei lavoratori alle sostanze sensibilizzanti per via inalatoria che potranno essere in grado di produrre una malattia professionale specifica. Con il Regolamento CLP anche i pittogrammi della tossicità acuta rispetto alla tossicità a medio e lungo termine hanno significati completamente diversi.
 
Il pittogramma del teschio a tibie incrociate nero in campo bianco contenuto in una losanga regolare con i bordi rossi, tipico di sostanze che producono intossicazioni e infortuni mortali, ha un significato chiaramente diverso rispetto al pittogramma “dell’uomo che si ammala o dell’uomo che implode” nero in campo bianco, tipico di sostanze pericolose che possono produrre malattie professionali, anche mortali.
Infatti nelle ormai vecchie direttive il  simbolo di  pericolo del teschio con tibie incrociate nero in campo giallo-arancione e indicazioni di pericolo del Tossico, si confondeva con il significato del simbolo di pericolo relativo alle sostanze tossiche per la riproduzione, aventi lo stesso simbolo e perfettamente sovrapponibile a quello delle sostanze pericolose per gli effetti tossici acuti .
 
Un altro esempio di graduazione del pericolo si può fare considerando solo gli effetti acuti secondo il CLP: le sostanze tossiche di categoria 1 saranno più pericolose in sequenza delle sostanze tossiche di categoria 2, 3 e 4 sulla base dei risultati di tossicità acuta espressa attraverso le DL50  per via orale e cutanea e CL50  per via inalatoria.

Scelta delle proprietà tossicologiche da indicizzare

Nell’indicizzazione delle proprietà intrinseche tossicologiche si è considerato che le proprietà tossicologiche hanno un significato primario nella valutazione dei rischi degli agenti chimici per l’uomo.

Attribuzione dei coefficienti (score)

Come è stato suindicato le proprietà tossicologiche di un agente chimico vengono desunte dalla classificazione armonizzata o all’autoclassificazione delle sostanze e dei miscele (Frasi H).
In assenza di classificazione armonizzata, poiché coloro che immettono sul mercato sostanze tal quali o contenute in miscele o in articoli, possono procedere nella realtà, ad auto-classificazioni differenti, sarebbe cautelativo utilizzare la classificazione provvisoria adottata da fornitori di prodotti chimici che prevede lo score P più alto.

Le modifiche riguardano sostanzialmente le attribuzioni dei punteggi di pericolo, anche in relazione alla presenza di TLV e componenti pericolosi e al Regolamento (UE) n.830/2015 che ha recato modifiche Regolamento (UE) n.453/2010 e di conseguenza all’Allegato II del Regolamento (CE) n.1907/2006 concernente le disposizioni sulle schede di dati di sicurezza.

I coefficienti (score) attribuiti alle proprietà intrinseche degli agenti chimici sono riportati nelle Tabella allegata.

Nell’attribuzione dei punteggi alle indicazioni di pericolo H riferite alle proprietà tossicologiche si è valutato essenzialmente l’entità delle manifestazioni cliniche indicate come criteri nel Regolamento CLP.

In considerazione della bassa probabilità di accadimento, si è scelto di dare un punteggio abbastanza basso, ma non nullo, nei riguardi della valutazione della pericolosità intrinseca nel caso di effetti dovuti ad ingestione.

Se un agente chimico esplica la sua pericolosità esclusivamente per ingestione si ritiene che negli ambienti di lavoro il rischio legato a questa via di assorbimento possa essere eliminato alla radice, adottando corrette misure igieniche e comportamentali; quindi si è ritenuto di non considerare in questo modello il rischio per ingestione, pur mantenendo i relativi valori degli score all’interno della tabella.

Si è poi assunto una disuguaglianza tra le altre vie di introduzione (cutanea e inalatoria) attribuendo un “peso” maggiore alla via inalatoria rispetto a quella cutanea e si è fatto in modo che per ciascun effetto relativo ad ogni categoria fosse diversificato all’interno di ogni classe di pericolo.

Alle indicazioni di pericolo codificate in H370 (Provoca danni agli organi/organo specifico per esposizione singola), H371 (Può provocare danni agli organi/organo specifico per esposizione singola), H372 (Provoca danni agli organi/organo specifico per esposizione ripetuta) e H373 (Può provocare danni agli organi/organo specifico per esposizione ripetuta) si è ritenuto opportuno attribuire un peso molto elevato, proprio perché le relative classi di pericolo rappresentano una novità degna di attenzione ai fini di tutela della salute per un effetto tossicologico irreversibile dopo un’unica esposizione o dopo un’esposizione ripetuta, anche se sono indicazioni di pericolo relative ad un effetto irreversibile comunque diverso rispetto agli effetti canonici a breve e lungo termine.

Nella tabella allegata è stato attribuito un punteggio anche alle miscele non classificate pericolose per la salute, ma che contengono almeno una sostanza pericolosa in concentrazione individuale > all’1% in peso rispetto al peso della miscela non gassosa, o > allo 0,2 % in volume rispetto al volume della miscela gassosa o contenenti una sostanza per la quale esistono valori limite europei di esposizione professionale, cioè in riferimento a quelle miscele di cui è possibile accedere alla scheda dati di sicurezza (SDS) compilata attualmente secondo i dettati del Regolamento (UE) n.453/2010, che ha recato modifiche all’Allegato II del Regolamento (CE) n.1907/2006, al fine della conoscenza della composizione degli

ingredienti della miscela. Si sottolinea che dal 2015 si potrà ottenere una SDS anche per miscele contenenti sostanze appartenenti a talune categorie di pericolo, come i cancerogeni di categoria 2, sensibilizzanti per la pelle e per le vie respiratorie, i tossici per la riproduzione di categoria 2, ecc.. e contenute in concentrazione 0,1%. E’ stato attribuito un punteggio anche per quelle sostanze non classificate pericolose in maniera armonizzata, ma alle quali è stato assegnato un valore limite d’esposizione professionale europeo (ad esempio il clorodifluorometano, l’1- metossi-2-propanolo, 1,2,3-trimetilbenzene, acetato di 1-metilbutile, acetato di 3- amile, seleniuro di idrogeno, 2-metossimetiletossi-propanolo, acetato di terz-amile ecc…).
E’ stato inoltre attribuito un punteggio minore a quelle sostanze non classificabili come pericolose per via inalatoria e/o per contatto con la pelle/mucose e/o per ingestione, ma in possesso di un valore limite d’esposizione professionale (ad esempio biossido di carbonio).
Infine, è stato attribuito un punteggio anche per le sostanze e i preparati non classificati come pericolosi, ma che nel processo di lavorazione si trasformano o si decompongono emettendo tipicamente degli agenti chimici pericolosi (ad es. nelle lavorazioni metalmeccaniche, nelle saldature, nelle lavorazioni con materie plastiche, ecc…).
Questa modalità di attribuzione di un punteggio a sostanze o preparati inseriti in un processo risulta chiaramente più complessa ed indeterminata. Questo è un caso in cui non è possibile dare un peso certo alle proprietà tossicologiche di queste sostanze e miscele (polimeri, elastomeri, leghe, ecc..), le quali, di per se stesse, non presentano un pericolo all’atto della normale manipolazione o utilizzazione.

La difficoltà di attribuzione di un punteggio a questi impieghi è dovuto all’impossibilità di prevedere con certezza quali agenti chimici pericolosi si sviluppino durante il processo, per il fatto che la termodinamica e le cinetiche di reazione relative alla trasformazione siano poco conosciute o le reazioni non siano facilmente controllabili.

Tuttavia è stato deciso di attribuire comunque un punteggio anche in questa fattispecie, diversificandolo in funzione della conoscenza degli agenti chimici che si prevede possano svilupparsi nel processo, dando ovviamente un punteggio più elevato per quelli pericolosi per via inalatoria rispetto alle altre vie d’assorbimento.
E’ stato fornito un punteggio maggiore per i processi ad elevata emissione di agenti chimici rispetto a quelli a bassa emissione.
Infatti la saldatura è caratterizzata da una emissione di agenti chimici pericolosi presenti nei fumi molto più elevata rispetto allo stampaggio delle materie plastiche; a sua volta lo stampaggio delle materie plastiche può avvenire sia ad alte temperature (260°C) che a basse temperature (80°C) con diverse velocità di emissione.

Il punteggio minimo non nullo è stato attribuito alle sostanze e ai preparati non classificati e non classificabili in alcun modo come pericolosi e non contenenti nessuna sostanza pericolosa neanche come impurezza.

TABELLA DEI COEFFICIENTI P (SCORE) Regolamento 1272/2008/CE (CLP)

Le modifiche riguardano sostanzialmente le attribuzioni dei punteggi di pericolo, anche in relazione alla presenza di TLV e componenti pericolosi e al Regolamento (UE) n.830/2015 che ha recato modifiche Regolamento (UE) n.453/2010 e di conseguenza all’Allegato II del Regolamento (CE) n.1907/2006 concernente le disposizioni sulle schede di dati di sicurezza.

Determinazione dell’indice di esposizione per via inalatoria (Einal)

L’indice di esposizione per via inalatoria Einal viene determinato attraverso il prodotto di un Sub-indice I (Intensità dell’esposizione) per un Sub-indice d (distanza del lavoratore dalla sorgente di intensità I):

Einal = I x d

a) Determinazione del Sub-indice I dell’intensità di esposizione

Il calcolo del Sub-indice I comporta l’uso delle seguenti 5 variabili :

1. Proprietà chimico-fisiche
2. Quantità in uso
3. Tipologia d’uso
4. Tipologia di controllo
5. Tempo di esposizione

1. Proprietà chimico-fisiche.

Vengono individuati quattro livelli, in ordine crescente relativamente alla possibilità della sostanza di rendersi disponibile in aria, in funzione della volatilità del liquido e della ipotizzabile o conosciuta granulometria delle polveri:

stato solido/nebbie (largo spettro granulometrico),
liquidi a bassa volatilità [bassa tensione di vapore]
liquidi a alta e media volatilità [alta tensione di vapore] o polveri fini,
stato gassoso.


2.  Quantità in uso. Per quantità in uso si intende la quantità di agente chimico o del preparato effettivamente presente e destinato, con qualunque modalità, all’uso nell’ambiente di lavoro su base giornaliera.
 
Vengono identificate 5 classi come di seguito distinte:
 
< 0,1 Kg
0,1 – 1 Kg
1 –10 Kg
10 – 100Kg
> 100 Kg
 
3.  Tipologia d’uso. Vengono individuati quattro livelli, sempre in ordine crescente relativamente alla possibilità di dispersione in aria, della tipologia d’uso della sostanza, che identificano la sorgente della esposizione.
 
      Uso in sistema chiuso: la sostanza è usata e/o conservata in reattori o contenitori a tenuta stagna e trasferita da un contenitore all’altro attraverso tubazioni stagne. Questa categoria non può essere applicata a situazioni in cui, in una qualsiasi sezione del processo produttivo, possano aversi rilasci nell’ambiente.   In altre parole il sistema chiuso deve essere tale in tutte le sue parti.
 
      Uso in inclusione in matrice: la sostanza viene incorporata in materiali o prodotti da cui è impedita o limitata la dispersione nell’ambiente.   Questa categoria include  l’uso  di  materiali  in  “pellet”,  la  dispersione di  solidi  in  acqua  con limitazione del rilascio di polveri e in genere l’inglobamento della sostanza in esame in matrici che tendano a trattenerla.
 
      Uso controllato e non dispersivo: questa categoria include le lavorazioni in cui sono  coinvolti  solo  limitati  gruppi  selezionati  di  lavoratori,  adeguatamente esperti dello specifico processo, e in cui sono disponibili sistemi di controllo adeguati a controllare e contenere l’esposizione.
 
      Uso con dispersione significativa: questa categoria include lavorazioni ed attività che possono comportare un’esposizione sostanzialmente incontrollata non solo degli addetti, ma anche di altri lavoratori ed eventualmente della popolazione generale.   Possono essere classificati in questa categoria processi come l’irrorazione di prodotti fitosanitari, l’uso di vernici ed altre analoghe attività.
 
4.  Tipologia di controllo. Vengono individuate, per grandi categorie, le misure che possono essere previste e predisposte per evitare che il lavoratore sia esposto alla sostanza; l’ordine è decrescente per efficacia di controllo.
 
      Contenimento   completo:   corrisponde   ad   una   situazione   a   ciclo   chiuso.
Dovrebbe,  almeno  teoricamente,  rendere  trascurabile  l’esposizione,  ove  si escluda il caso di anomalie, incidenti, errori.
 
      Ventilazione - aspirazione locale degli scarichi e delle emissioni (LEV): questo sistema rimuove il contaminante alla sua sorgente di rilascio, impedendone la dispersione nelle aree con presenza umana, dove potrebbe essere inalato.
 
      Segregazione - separazione: il lavoratore è separato dalla sorgente di rilascio del contaminante da un appropriato spazio di sicurezza, o vi sono adeguati intervalli di tempo fra la presenza del contaminante nell’ambiente e la presenza del personale nella stessa area. Questa procedura si riferisce soprattutto all’adozione di metodi e comportamenti appropriati, controllati in modo adeguato, piuttosto

che ad una separazione fisica effettiva (come nel caso del contenimento completo).  Il fattore dominante diviene quindi il comportamento finalizzato alla prevenzione dell’esposizione.  L’adeguato controllo di questo comportamento è di primaria importanza.
 
      Diluizione  -  ventilazione:  questa  può  essere  naturale  o  meccanica.    Questo metodo è applicabile nei casi in cui esso consenta di minimizzare l’esposizione e renderla trascurabile in rapporto alla pericolosità intrinseca del fattore di rischio. Richiede generalmente un adeguato monitoraggio continuativo.
 
      Manipolazione diretta (con sistemi di protezione individuale): in questo caso il lavoratore opera a diretto contatto con il materiale pericoloso, adottando unicamente maschera, guanti o altre analoghe attrezzature.  Si può assumere che in queste condizioni le esposizioni possano essere anche relativamente elevate.
 
5.  Tempo di esposizione. Vengono individuati cinque intervalli per definire il tempo di esposizione alla sostanza o al preparato:
 
     Inferiore a 15 minuti,
     tra 15 minuti e le due ore,
 
     tra le due ore e le quattro ore,
     tra le quattro ore e le sei ore,
     più di sei ore.
L’identificazione del tempo di esposizione deve essere effettuata su base giornaliera,   indipendentemente   dalla   frequenza   d’uso   dell’agente   su   basi temporali più ampie, quali la settimana, il mese o l’anno. Si considera la peggiore.
Se la lavorazione interessa l’uso di diversi agenti chimici pericolosi al fine dell’individuazione del  tempo  d’esposizione  dei  lavoratori  si  considera  il tempo che complessivamente espone a tutti gli agenti chimici pericolosi.
 
Le  cinque  variabili  individuate  permettono  la  determinazione  del  sub-indice  I
attraverso un sistema di matrici a punteggio secondo la seguente procedura:
 
attraverso l’identificazione delle proprietà chimico-fisiche della sostanza o del preparato e delle quantità in uso, inserite nella matrice 1, viene stabilito un primo indicatore D su quattro livelli di crescente potenziale disponibilità all’ aerodispersione;
 
ottenuto l’indicatore D ed identificata la tipologia d’uso, secondo la definizione di  cui  al  punto  3,  è  possibile attraverso  la  matrice  2  ottenere  il  successivo indicatore U su tre livelli di crescente effettiva disponibilità all’aerodispersione;
 
Ottenuto l’indicatore U ed identificata la “Tipologia di controllo”, secondo la definizione di cui al punto 4, attraverso la matrice 3 è possibile ricavare un successivo indicatore C che tiene conto dei fattori di compensazione, relativi alle misure di prevenzione o protezione adottate nell’ambiente di lavoro;
 
Infine dall’indicatore C ottenuto e dal tempo di effettiva esposizione del lavoratore/i è possibile attribuire, attraverso la matrice 4, il valore del sub-indice I, distribuito su quattro diversi gradi, che corrispondono a diverse “intensità di esposizione”, indipendentemente dalla distanza dalla sorgente dei lavoratori esposti.

b) Identificazione del Sub-indice d della distanza degli esposti dalla sorgente
 
Il  sub-indice  d  tiene  conto  della  distanza  fra  una  sorgente  di  intensità  I  e  il lavoratore/i esposto/i :
nel caso che questi siano prossimi alla sorgente ( < 1 metro) il sub-indice I rimane inalterato ( d =1 ); via via che il lavoratore risulta lontano dalla sorgente il sub-indice di intensità di esposizione I deve essere ridotto proporzionalmente fino ad arrivare ad un valore di 1/10 di I per distanze maggiori di 10 metri.

Schema semplificato per il calcolo di Einal

Per facilitare l’applicazione del modello per la valutazione dell’esposizione inalatoria
(Einal) viene proposto uno schema semplificato che consente:

di avere il quadro complessivo di tutte le variabili che concorrono all’esposizione inalatoria;
di individuare, per ognuna delle variabili, l’opzione scelta barrando l’apposita casella;
di individuare, attraverso il sistema delle quattro matrici, gli indicatori D, U, C ed
I;
di calcolare, attraverso il valore della distanza dalla sorgente d, il valore di Einal .

Lo schema debitamente compilato con: l’assegnazione delle variabili, gli indicatori D, U, C, I, ricavati, la distanza d e il calcolo di Einal ,va applicato per ogni posto di lavoro e per ogni sostanza o preparato pericoloso.

Determinazione dell’indice di esposizione per via cutanea (Ecute)

Lo schema proposto considera esclusivamente il contatto diretto con solidi o liquidi, mentre l’esposizione cutanea per gas e vapori viene considerata in generale bassa e soprattutto in relazione ai valori di esposizione per via inalatoria: in tale contesto il modello considera esclusivamente la variabile “livelli di contatto cutaneo”.
L’indice di esposizione per via cutanea Ecute viene determinato attraverso una semplice matrice che tiene conto di due variabili:
1. Tipologia d’uso. Vengono individuati quattro livelli, sempre in ordine crescente relativamente alla possibilità di dispersione in aria, della tipologia d’uso della sostanza, che identificano la sorgente della esposizione.

Uso in sistema chiuso: la sostanza è usata e/o conservata in reattori o contenitori a tenuta stagna e trasferita da un contenitore all’altro attraverso tubazioni stagne. Questa categoria non può essere applicata a situazioni in cui, in una qualsiasi sezione del processo produttivo, possano aversi rilasci nell’ambiente. In altre parole il sistema chiuso deve essere tale in tutte le sue parti.

Uso in inclusione in matrice: la sostanza viene incorporata in materiali o prodotti da cui è impedita o limitata la dispersione nell’ambiente. Questa categoria include l’uso di materiali in “pellet”, la dispersione di solidi in acqua con limitazione del rilascio di polveri e in genere l’inglobamento della sostanza in esame in matrici che tendano a trattenerla.

Uso controllato e non dispersivo: questa categoria include le lavorazioni in cui sono coinvolti solo limitati gruppi selezionati di lavoratori, adeguatamente esperti dello specifico processo, e in cui sono disponibili sistemi di controllo adeguati a controllare e contenere l’esposizione.

Uso con dispersione significativa: questa categoria include lavorazioni ed attività che possono comportare un’esposizione sostanzialmente incontrollata non solo degli addetti, ma anche di altri lavoratori ed eventualmente della popolazione generale. Possono essere classificati in questa categoria processi come l’irrorazione di pesticidi, l’uso di vernici ed altre analoghe attività.

2. I livelli di contatto cutaneo, individuati con una scala di quattro gradi in ordine crescente:
1. Nessun contatto.

2. Contatto accidentale; non più di un evento al giorno, dovuto a spruzzi o rilasci occasionali (come per esempio nel caso della preparazione di una vernice).

3. Contatto discontinuo; da due a dieci eventi al giorno, dovuti alle caratteristiche proprie del processo.

4. Contatto esteso; il numero di eventi giornalieri è superiore a dieci.

Dopo aver attribuito le ipotesi relative alle due variabili sopra indicate e con l’ausilio della matrice per la valutazione cutanea è possibile assegnare il valore dell’indice Ecute.

Modello per la valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi derivanti da attività lavorative

Il modello può essere applicato anche alle esposizione di agenti chimici pericolosi che derivano da un’attività lavorativa.

In tal caso occorre una grande cautela nel utilizzare l’algoritmo sia per la scelta del punteggio P sia nel calcolo dell’esposizione E, inoltre bisogna anche tenere in considerazione che non sempre il modello può essere specifico per tutte le attività in cui si possono sviluppare agenti chimici.

In particolare, nell’applicazione del modello per poter scegliere il punteggio P è assolutamente importante conoscere se l’entità dello sviluppo degli inquinanti dall’attività lavorativa sia elevato o basso e quale classificazione possa essere attribuita agli agenti chimici che si sviluppano.

Per esempio, in linea generale le saldatura ad arco sono attività lavorative ad elevata emissione, mentre la saldatura TIG o alcuni tipi di saldobrasatura possono essere considerati a bassa emissione, invece nel caso delle materie plastiche risulta molto importante valutare la temperatura operativa a cui queste sono sottoposte durante la lavorazione.

Dopo aver scelto l’entità dell’emissione, per attribuire il punteggio P è necessario identificare gli agenti chimici che si sviluppano, assegnare la rispettiva classificazione (molto tossico, tossico, nocivo, irritante per l’inalazione) ed utilizzare, per il calcolo di R, il valore di P più elevato.

Per l’attribuzione del valore di Einal occorre utilizzare un sistema di matrici modificato:

nella matrice 1/bis si utilizzano le quantità in uso, giornaliera e complessiva, del materiale di partenza dal quale si possono sviluppare gli agenti chimici pericolosi, per esempio: Kg di materia plastica utilizzata, Kg di materiale utilizzato per la saldatura (elettrodo, filo continuo od altro), materiale in uso in cui avvenga una degradazione termica; l’altra variabile che si utilizza nella matrice è costituita dalla “tipologia di controllo” , precedentemente definita ma con l’esclusione della “manipolazione diretta”.

Nella matrice 2/bis viene utilizzato il valore dell’indice ricavato dalla matrice 1/bis e il tempo di esposizione, secondo i criteri precedentemente definiti, ricavando il valore del sub-indice di intensità I da moltiplicare per la distanza d che ,come nel modello precedente, segnala la distanza del lavoratore esposto dalla sorgente di emissione.

Il rischio R per inalazione di agenti chimici pericolosi sviluppatesi da attività lavorative è da considerarsi ancora una volta una valutazione conservativa e si calcola :



R = P x Einal

Indicazioni per l’uso del modello

1. Il rischio R deve essere calcolato per ogni posto di lavoro e per ogni sostanza e preparato pericoloso utilizzato.

2. La classificazione in rischio irrilevante per la salute ovvero in superiore all’irrilevante per la salute deve essere effettuata tramite il valore del rischio R che è risultato più elevato.

3. Quando una sostanza o preparato presentano più frasi R per l’individuazione del punteggio P
da introdurre nella formula deve essere utilizzato il valore più elevato fra quelli identificati.

4. Per esempio per un posto di lavoro di verniciatura vengono usati più prodotti vernicianti (Preparati) per ognuno di essi deve essere applicato il modello di calcolo individuando quantità utilizzate e tempi di esposizione relativi. Ad ognuno dei prodotti vernicianti deve essere assegnato il proprio maggior punteggio di P e quindi calcolato il rischio R per ognuno dei prodotti vernicianti.
La classificazione del posto di lavoro avverrà mediante il confronto del rischio R risultato più alto, con il criterio proposto da questo modello, se questo supera la soglia del rischio irrilevante per la salute.

5. Tuttavia nel caso di attività lavorative che comportano l’esposizione a più agenti chimici pericolosi, il rischio R per ogni lavoratore esposto ai singoli agenti chimici pericolosi è comunque valutato in base al rischio che comporta la combinazione di tutti gli agenti chimici secondo il criterio proposto dal modello e nel rispetto dell’art.223 comma 3. D.Lgs.81/08.

6. La valutazione dell’esposizione cutanea è obbligatoria quando:

La frase R prevede espressamente un pericolo per la via di assorbimento cutaneo,
La scheda di sicurezza della sostanza o del preparato indica il pericolo di assorbimento per via cutanea,
Una sostanza contenuta nel preparato presenti, congiuntamente ad un valore limite di esposizione professionale, la nota che è possibile l’assorbimento cutaneo,
Sia individuata nell’attività lavorativa, la possibilità di contatto diretto con la sostanza o il preparato.

Il modello nel caso di contemporanea presenza della possibilità di assorbimento per le vie inalatoria e cutanea prevede una penalizzazione del calcolo del rischio R.

7. Nella valutazione del sub-indice esposizione E è implicito che nella valutazione delle variabili deve essere usata una accurata analisi del ciclo tecnologico e dell’attività lavorativa, in particolare:

Nella variabile “tipologia di controllo” è evidente che l’esistenza di un’aspirazione localizzata non è di per se sufficiente ad identificare quella casella, ma è necessario che tale presidio obbedisca alle caratteristiche tecniche che ne garantiscano efficienza ed efficacia,



Sempre nella “tipologia di controllo” l’individuazione della manipolazione diretta presuppone che l’analisi relativa alle misure di prevenzione e protezione sia stata compiuta e che non esistono altre possibilità che non la manipolazione diretta della sostanza con le opportune protezioni individuali e misure procedurali ( per es. certe lavorazioni in edilizia o in agricoltura),

Nelle variabili quantitative, quali “la quantità in uso” e “i tempi di esposizione” è indispensabile compiere un’attenta analisi dell’attività lavorativa per individuare le reali quantità su base giornaliera e gli effettivi tempi in cui i lavoratori risultano esposti alla sostanza o al preparato: in ogni caso deve guidare un’analisi di tipo cosiddetto conservativo, che nell’incertezza del dato privilegia le condizioni che portano alla situazione peggiore per l’esposizione dei lavoratori.

Nel caso specifico dell’attibuzione del tempo di esposizione, questo è indipendente dalla frequenza d’uso, con ciò si intende che anche per agenti chimici utilizzati per periodi temporali limitati nel corso dell’anno (per esempio due mesi all’anno o un giorno alla settimana) devono essere prese in considerazione, relativamente al periodo temporale pari ad una giornata lavorativa (otto ore), le condizioni di maggiore esposizione.
Con queste modalità l’uso dell’algoritmo valuta il rischio nella situazione peggiore, in analogia con la misurazione dell’agente chimico per la determinazione dell’esposizione giornaliera e confronto con il relativo valore limite, calcolato sull’esposizione giornaliera (convenzionalmente di otto ore).

Il sub-indice d consente di valutare le esposizioni anche per lavoratori che pur non essendo direttamente a contatto con la sostanza o preparato permangono nello stesso ambiente di lavoro e possono risultare potenzialmente esposti. In ogni caso oltre i 10 metri di distanza il valore di d uguale a 0,1 classifica il lavoratore nel rischio irrilevante per la salute.
( Rmax = 100 x 0,1 = 10 ),

Qualora il lavoratore svolga la sua attività alla distanza d da una sorgente, in cui vengono utilizzati agenti chimici pericolosi, che contemporaneamente, a sua volta, utilizzi una sostanza o preparato pericoloso nella valutazione del rischio attinente a quel posto di lavoro si dovrà tenere conto, in termini additivi, del rischio derivante da entrambe le sorgenti. In altri termini, per il lavoratore sottoposto durante la propria attività lavorativa all’influenza di una esposizione diretta e di un’esposizione di una sorgente ad una distanza d si dovrà, nella valutazione del rischio, sommare i due risultati R ottenuti.

8. Una raccomandazione generale per l’utilizzo del modello riguarda la sua facilità di applicazione: lo sforzo compiuto per semplificare il processo di valutazione consente di calcolare velocemente il rischio R per un numero anche alto di posti di lavoro e di sostanze e preparati.
Questa possibilità non deve far cadere in un’applicazione meccanica del modello, ma si devono sempre e comunque, dietro al calcolo del rischio R, effettuare un’attenta analisi dei cicli e delle attività lavorative, una valutazione dei tempi di esposizione legati alle attività svolte dagli esposti, all’uso e alla classificazione di pericolo delle sostanze, in modo tale da



far corrispondere, ad ogni rischio R calcolato, un preciso ed effettivo processo di valutazione del rischio.


Tratto dal documento elaborato da Regione toscana, Regone emilia Romagna e Regione Lombardia.

VALUTAZIONE IN EXCEL RISCHIO CHIMICO CON METODO MOVARISCH AGGIORNATO AL NUOVO CLP

MOVARISCH

VALUTAZIONE RISCHIO CHIMICO IN EXCEL MOVARISCH NUOVO CLP
È stato aggiornato il modello MoVaRisCh per la valutazione del rischio chimico secondo quanto proposto dai gruppi tecnici delle Regioni Emilia-Romagna, Toscana e Lombardia alla quale il nostro modello in excel si attiene.
Il calcolo del rischio chimico secondo quanto proposto dal nuovo Clp, pienamente in vigore a partire dal 1 Giugno 2015, e' possibile mediante il nostro foglio di calcolo assistito in Excel.
Presente una tabella di conversione frasi da R ad H
Presente un database di 2212 sostanze chimiche con una proposta di corrsipondenti frasi H per sostanza chimica.
Il metodo di calcolo avviene in excel.


Dettagli...